Conosciuti come i cugini degli ETF, i certificati a leva fissa moltiplicano l’andamento del sottostante (azioni o materie prime..) cui sono legati. Il fattore della moltiplicazione si chiama leva.
Ci sono due tipi di certificato: quelli “long” seguono l’andamento della borsa in ottica di rialzo, quelli “short” lo moltiplicano ma al contrario, al ribasso. 

Esempio: il certificato LONG 7X di Société Générale che alla data del 21 marzo 2022 quota 2.71€ (isin: LU2141869003) è legato a piazza affari, guadagna il 14% se un giorno Milano sale del 2% e perde il 21% se la borsa di Milano cala del 3%.

L’omologo certificato SHORT 7X che al momento quota 0,092 € (isin: LU2200517063) perde il 14% se un giorno la borsa di Milano sale del 2%, mentre guadagna il 21% se un giorno la borsa di Milano perde il 3%.

Detto del funzionamento andiamo ad analizzare alcuni aspetti per cui è importante prestare attenzione, soprattutto in tempi i cui mercati sono altamente volatili.

Per prima cosa bisogna fare attenzione al fatto che la replica è solo giornaliera. Questo non significa che il certificato non possa essere mantenuto in portafoglio per più giorni, ma il risultato potrebbe essere diverso da quello atteso. Questa “discrepanza” sarà tanto più grande quanto maggiori saranno i cambi d’umore della borsa e quanto più elevati saranno i guadagni o perdite in tali giornate convulse. 

Per fare un esempio recente prendiamo le giornate ad altissima volatilità che si sono susseguite dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Il 24 febbraio 2022 Milano ha perso il 4,15%, mentre il 25 febbraio ha guadagnato il 3,60% per poi perdere un altro 1,4% il 28 febbraio.
Cosa è successo ai certificati sopra citati? Apparentemente i due certificati (long e short) avrebbero dovuto rispettivamente perdere il 14,50% e guadagnare il 14,50% ma non è quello che in realtà è avvenuto.
Non si tratta di una truffa ma di calcoli matematici.
Il 24 febbraio il long perde correttamente ciò che ci si aspettava ovvero circa il 29% (7×4,15%). Il certificato passa così dai 6.665 ai 4,71 euro. Il giorno dopo guadagna poco meno del 24%, ed anche in questo caso siamo in linea con le aspettative del +25% atteso (7×3,60%) con una piccola differenza (vedi oltre).
Riparte dai 4.71 e risale a 5.82. Alla fine il long è sotto del 12,50% rispetto a due giorni prima anche se la borsa è tornata quasi in pareggio.
Lo stesso ragionamento si può fare per lo short e per tutti i certificati in generale a leva. L’effetto è amplificato quando i mercati oscillano tanto e cambiano spesso direzione.

OCCHIO ALL’APERTURA

Un altro aspetto da non sottovalutare nemmeno quando si opera in giornata (intraday) sono i discostamenti che si possono avere rispetto alla performance teorica  che sono dovuti agli orari di contrattazione.

Come detto sopra il long il 25 febbraio mette su circa 24% rispetto al 25% atteso (25,20% per la precisione). Non si tratta di un malfunzionamento, ma è legato ai differenti orari di chiusura tra la borsa e il certificato.
Si tratta di soli 5 minuti ma quando le oscillazioni sono notevoli possono fare la differenza. Supponiamo per semplicità di calcolo che alla 17.30 la borsa stia perdendo il 3%: il certificato long perde correttamente il 21% (7×3%) ed è quello l’orario in cui si registra il suo prezzo di chiusura. Supponiamo partisse da 10€, chiude a 7,90€. Ora, però, la borsa chiude alle 17.35 con gli ultimi 5 minuti di asta finale e supponiamo che in quei 5 minuti crolli ancora di più, chiudendo a -4%. Alle 17.35 dunque il certificato long perde il teoricamente il 28% e vale 7,20€. Tutto questo però non lo vediamo perché il mercato dei certificati è chiuso, ma è quello da cui si riparte per fare i calcoli il giorno dopo. 
Quindi se il giorno dopo la borsa sale del 3%, il certificato sale sì del 21% ma dai 7,20€! che non si vedevano: quindi in borsa registrerà un prezzo di 8,71€, in rialzo solo del 10,25% rispetto ai 7,90€ del valore di chiusura ufficiale.


PERICOLO RESET

Un altro fattore tecnico da considerazione sono i reset. Bisogna prestare attenzione a movimenti giornalieri del 10% che possono sembrare assurdi in condizioni normali ma non in tempi di guerra ad esempio…
Il valore dei certificati non può andare sotto lo zero. Immaginiamo un calo del 15% che moltiplicato 7 porterebbe ad una perdita del 105%. Non è possibile. 
Per ovviare a questo inconveniente tecnico quando le perdite oscillano intorno all’80% il certificato è sospeso e resettato.
Il certificato non scompare del tutto ma torna in contrattazione a valori prossimi allo zero anche se quel giorno la borsa riduce le perdite.

PERICOLO EMITTENTE

I certificati sono uno strumento di debito pertanto non prevedono la separazione del patrimonio, con la conseguenza per l’investitore, in caso di default dell’emittente, di essere esposto al rischio di insolvenza e quindi a una consistente perdita in conto capitale.

Leave a comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.